sabato 9 novembre 2013

MARINAI AUDACI - OSSIA MEMENTO AUDERE SEMPER

 Sogno militare e audace, stanotte. 
Il Mas 96 utilizzato per la Beffa di Buccari
Sono un marinaio della marina militare italiana ed è il 1943. Appartengo a quella marina che ha deciso di combattere con gli Alleati e quindi di riconoscere l’armistizio dell’8 settembre (nei sogni si hanno spesso queste consapevolezze di base, no?). Bene, proseguiamo. In una mattina di sole, tra spruzzi di spuma, andiamo all’assalto su un Mas verso un’unità navale tedesca. 
Poco conta che il Mas sia un tipo di imbarcazione militare usata nella prima guerra mondiale e NON nella seconda. Un'altra incongruenza onirica.
Ma andiamo avanti col racconto.
Col nostro Mas, accostiamo all'unità navale nemica e cominciamo a mitragliare all’impazzata, lanciando bombe di profondità.
I tedeschi rispondono al fuoco, ma sembra che in nessuna delle due parti si lamentino feriti o caduti.
Dopo un primo passaggio, riaccostiamo all’unità nemica e riapriamo il fuoco. Anche qui nessun ferito, da ambo le parti. Non ricordo se a sparare sia io personalmente, di sicuro incito i miei a farlo. 
E nel sogno ho una curiosa e bellissima sensazione di invulnerabilità.
I protagonisti della Beffa di Buccari
Poi, sorpresa: i marinai dell’unità nemica si schierano sul fianco della nave, tutti vestiti di bianco, ci salutano militarmente e con accento teutonico esclamano: “Onore alla Marina Italiana”.
A questo punto io rispondo al saluto e rispondo, con voce rotta dall’emozione: “Onore alla marina austriaca (dico proprio austriaca, non tedesca) e morte al tiranno Adolf Hitler”.
Poi la mia unità navale vira e cerca scampo. Ed io, commosso, abbraccio un mio commilitone ed esclamo: “Anche questa è l’Italia!”.
Fin qui il sogno. E ora qualche considerazione. Chi conosca un po’ i fatti della storia non può non ravvisare qualche rassomiglianza del mio sogno con le vicende della Beffa di Buccari. Il fatto curioso è che il nonno di una cugina di mia moglie – don Raffaele Esposito, nativo di Agerola - era l’ultimo sopravvissuto di quei marinai che - insieme a Luigi Rizzo, Gabriele d’Annunzio e Costanzo Ciano – violarono le difese austriache affondando la corazzata Wien e danneggiando la Budapest. Don Raffaele morì alle fine degli anni Ottanta, ebbe solenni funerali, seguiti da numerosi inviati. Ogni volta che vado in visita dai familiari di mia moglie ad Agerola, mi faccio mostrare i cimeli di quella impresa: il libretto del Vate con la sua dedica autografa e il testo della Canzone del Carnaro, dedicata all’impresa; vecchi ritagli di giornale; fotografie. Ogni volta è un’emozione molto forte.

Nessun commento:

Posta un commento