sabato 20 agosto 2016

RollerBergoglio

Bergoglio - non con il Triregno, ma col casco - durante la sua visita a Napoli del marzo 2015
Stanotte un breve flash onirico, un'immagine francamente divertente ha allietato il mio sonno: ho sognato Papa Bergoglio, con tanto di casco, ginocchiere, paragomiti e rollerblades, guidare un trenino di giovani pattinatori per il il Lungomare di Napoli.
Bergoglio era sorridente e se la spassava.
I giovani erano entusiasti.
Il serprentone di pattinatori si snodava sinuoso e compiva ardite evoluzioni.
Credo che mi sia rimasta in mente un'immagine di Bergoglio, risalente alla sua visita pastorale a Napoli del marzo 2015, che apre questo post.
Al Papa fu letteralmente "imposto" un casco, per farne il testimonial di una campagna per la sicurezza stradale. E i fotografi, solerti, scattarono e immortalarono. Aridàtece il Triregno e il Camauro.

RollerBergoglio

Bergoglio - non con il Triregno, ma col casco - durante la sua visita a Napoli del marzo 2015
Stanotte un breve flash onirico, un'immagine francamente divertente ha allietato il mio sonno: ho sognato Papa Bergoglio, con tanto di casco, ginocchiere, paragomiti e rollerblades, guidare un trenino di giovani pattinatori per il il Lungomare di Napoli.
Bergoglio era sorridente e se la spassava.
I giovani erano entusiasti.
Il serprentone di pattinatori si snodava sinuoso e compiva ardite evoluzioni.
Credo che mi sia rimasta in mente un'immagine di Bergoglio, risalente alla sua visita pastorale a Napoli del marzo 2015, che apre questo post.
Al Papa fu letteralmente "imposto" un casco, per farne il testimonial di una campagna per la sicurezza stradale. E i fotografi, solerti, scattarono e immortalarono. Aridàtece il Triregno e il Camauro.

domenica 14 agosto 2016

Enzo Ferrari mi è venuto a trovare. E gli ho offerto una pizza

Oggi, 14 agosto 2016, ventottesimo anniversario della sua scomparsa, Enzo Ferrari mi è venuto a trovare in sogno, nelle prime ore del mattino.
Un sogno ricco di particolari, con tanti pensieri che mi vengono in mente nel corso del sogno stesso. 
L'ambientazione è la mia vecchia casa di Portici, dove ho vissuto fino al dicembre 2009, prima di trasferirmi a Napoli.
Nel sogno sono emozionato, ma ogni cosa che accade risulta coerente, di quella bizzarra coerenza che spesso contraddistingue i sogni. 
Enzo Ferrari infatti è IN CUCINA e la sua presenza in quel locale mi appare assolutamente normale. E mi appare NORMALISSIMO anche il fatto che sulla cucina, appoggiata proprio sul piano di cottura, ci sia una vettura Ferrari. 
FERRARI 125 S "PIACENZA" - 1947
Si tratta di una barchetta da competizione: nel sogno sono convinto che sia una progenitrice delle Ferrari di oggi. Non ricordo il modello preciso, potrebbe essere proprio una Ferrari 125 S "Piacenza" (la prima auto a portare il marchio Ferrari, pilotata da Franco Cortese sul circuito di Piacenza nel 1947, costretta al ritiro per un guasto alla pompa di alimentazione).
Enzo Ferrari si da da fare personalmente. Armeggia sul motore. Sento il tipico rumore dell'avviamento, sento il ruggito delle "imballate" col cambio in folle.
Mi affaccio nell'abitacolo: il grande contagiri dal fondo bianco segna lo stupefacente regime di 10mila giri al minuto.
Dentro di me, mille domande e un primo pensiero: potrò scattare una foto ricordo dell'evento?
Nel sogno sono consapevole del carisma dell'uomo, ma anche del suo temperamento non sempre facile.
Mi faccio coraggio e chiedo: "Commendatore: possiamo farci una foto ricordo?". Il Drake si volta, mi rivolge un sorriso cordiale, bonario,
e dice: "Ma ben volentieri!", con la sua tipica cadenza modenese.
1919 - IL GIOVANE ENZO FERRARI
L'espressione del viso di Ferrari è decisamente particolare: ha quel sorriso così inconfondibile e così raro a vedersi, immortalato in alcune foto. Insomma, il Drake quando si rivolge a me ha esattamente l'espressione di una celebre sua foto giovanile (qui a destra) che probabilmente lo ritrae nel 1919 al volante di una Cmn, la prima auto che condusse in gara, ma il viso è quello del Ferrari già anziano, rimasto impresso nella memoria collettiva.
E' IL MOMENTO DEL SOGNO PIU' EMOZIONANTE, QUELLO CHE PIU' MI E' RIMASTO IMPRESSO
Dettaglio non trascurabile: Ferrari NON indossa i suoi celebri occhiali scuri.
E intanto mi chiedo se potrò chiedere a Ferrari un autografo, che renderebbe ulteriormente prezioso il mio "Libro Rosso Ferrari 1974" edizione fuori commercio che possiedo nella realtà e che già raccoglie gli autografi del "pentacampeon" Juan Manuel Fangio, di Maria Teresa de Filippis (prima donna a correre in Formula 1) e di Emanuel "Toulo" de Graffenried (buon pilota della Maserati).
Ferrari Rosso, volume del 1974 - Mia copia personale con gli autografi di Fangio e di altri due celebri piloti: Toulo de Graffenried e Maria Teresa de Filippis
Mi viene in mente che per la foto devo indossare qualcosa di adeguato: entro nella mia camera da ragazzo e cerco freneticamente tra i miei maglioni. Non trovo niente di adeguato, dal cassetto esce un malinconico pullover grigio scuro, col davanti decorato a losanghe chiare. Sconfortante.
La fotografia non viene scattata e anche la richiesta di autografo resta al livello di intenzione.
Nel sogno penso a tutti i personaggi che hanno affiancato Ferrari nel suo percorso umano, sportivo e imprenditoriale. Curiosamente emerge su tutti un nome: quello di Dino Tagliazucchi, che fu il suo ultimo autista personale, recentemente scomparso. 
Poi mi si affollano altre mille domande che vorrei porre al Drake.
ENZO FERRARI E TAZIO NUVOLARI
Vorrei chiedergli un ricordo soprattutto di Tazio Nuvolari, con cui Enzo Ferrari ebbe un rapporto intensissimo e spesso controverso.
Ma queste domande restano solo nella mia testa. 
Intanto il Drake, che nel frattempo ha indossato gli immancabili occhiali scuri, si lava le mani e io gli dico: "Sa, Commendatore, forse non è vero che lei abbia un brutto carattere, quando le ho chiesto della foto lei è stato gentilissimo".
Il patron del Cavallino non risponde, ma annuisce silenzioso.
Poi mi faccio audace: voglio che Enzo Ferrari resti a cena. Mia madre (che nel frattempo è comparsa nel sogno) è d'accordo.
Gli chiedo: "Commendatore, gradirebbe una pizzella? La ordiniamo subito", (dico proprio così: "pizzella").
Ferrari accetta, ma aggiunge "Va bene, ma andiamo anche a prendere mia madre". Questo dettaglio mi lascia perplesso: nel sogno Ferrari è già anziano e so che la madre, la signora Adalgisa, è scomparsa da decenni.
ENZO FERRARI E GIANNI CANCELLIERI - FOTO SCATTATA A BOLOGNA IL 5 DICEMBRE 1981 DA ALESSANDRO STEFANINI
Il sogno procede. Decido di comunicare ad altri la presenza in casa mia di un ospite così eccezionale. Scelgo di dirlo a mio fratello e a Gianni Cancellieri (celebre giornalista automobilistico, già direttore di "Ruoteclassiche", curatore del Museo Tazio Nuvolari di Mantova, in ottimi rapporti con Enzo Ferrari e mio amico nella realtà, grazie alle opportunità offerte da internet).
Torno in camera mia, mi sdraio sul letto che era quello della mia adolescenza e della mia giovinezza e faccio per prendere il telefono.
MA UN PESO INCREDIBILE MI INFIACCHISCE.
SI TRATTA DI UN IMPRESSIONANTE MIX FRA PIGRIZIA MENTALE E STANCHEZZA FISICA. NON RIESCO AD AFFERRARE LA CORNETTA. TUTTAVIA VIVO QUESTA CONDIZIONE NON CON ANGOSCIA, QUANTO PIUTTOSTO CON STUPORE.
E il sogno si conclude così. Un sogno ricco di intenzioni che restano tali, a quanto pare.

martedì 11 agosto 2015

Napoli Est. Storia di una Topolino e di una tarantola



Una Fiat Topolino 500 C come quella che ho sognato
Una Topolino malmessa, un avvocato, una mia collega morta da anni, ragni, fango, un'aiuola calpestata, la degradata zona di Napoli Est. Questi gli ingredienti principali del sogno fatto stamani, all'alba, poco prima del risveglio.

Dunque, sono nella zona di Napoli Est, mi sta parlando una collega giornalista (nel sogno non la identifico con chiarezza, ma forse è Lucia Rippo, una cronista napoletana scomparsa prematuramente più di dieci anni fa e con la quale ho avuto un bel rapporto di amicizia). La collega mi parla di un avvocato che conosco (un personaggio reale, insomma) e mi dice che, oltre ad avere un ben avviato studio professionale, è attivo con successo anche nel business della telefonia mobile e sta sostenendo la candidatura alla regione di un politico (mi dice il nome, ora non lo ricordo, ma sono certo che sia di fantasia). Cerco di concentrarmi sulle informazioni che mi sta dando la collega, ma la mia attenzione è distratta da una Topolino verde bottiglia che mi transita vicino. Per la precisione è una Fiat 500c (la terza e ultima serie di quella che tutti chiamano Topolino), verde bottiglia, con interni in fintapelle biscotto, piuttosto malmessa e restaurata alla meglio. A bordo un uomo di una certa età e tre bambini: lo identifico come un nonno che porta a spasso i suoi nipotini su una vettura d'epoca. La capote è abbassata e posso vedere bene l'abitacolo e i passeggeri. L'auto si muove a rilento nel traffico congestionato. Io sono a piedi e tento di affiancarla per avere dal proprietario informazioni su quella vettura, oggi così insolita nel nostro paesaggio urbano. Sono convinto che sia un modello del 1951 e voglio la conferma. Per quanto mi sforzi di avvicinarmi e di farmi sentire dal guidatore, non ci riesco. Continuo a camminare e mi accorgo che intanto la Topolino è stata parcheggiata davanti all'ingresso di una piccola fabbrica. I bambini sono scomparsi. Mi avvicino al piccolo portone di ingresso della fabbrica, cercando il proprietario, ma intanto calpesto una spessa lingua di fango appiccicoso. Alla fine entro, il proprietario mi viene incontro e mi fa: “è riuscito a liberarsi da quel fango, eh?”. Incomincio a chiedergli informazioni sulla vettura, ma le uniche cose che mi dice (come se non prestasse affatto attenzione alle mie domande) sono “il restauro è costato molto: sui 7-800 euro” (cifra risibile, nella realtà). 

Penso che egli creda che io voglia acquistare la vettura e che quindi giochi al rialzo. Gli preciso che non sono interessato all'acquisto.
Niente da fare. Continua a non ascoltarmi. 

A questo punto gli dico che il cruscotto della sua auto non è stato affatto ben realizzato, che presenta tre strumenti tondi e non due, come prevedeva l'allestimento della 500C. Il proprietario continua a non prestare ascolto e io, sempre per attrarre la sua attenzione, gli suggerisco il nome di un bravo artigiano che potrebbe sistemare meglio il suo cruscotto: faccio il nome di Franco Rodighiero, di Schio, personaggio reale, molto noto fra gli appassionati di vetture d'epoca, per i suoi accurati restauri degli strumenti.
(attenzione: non è che il buon Franco Rodighiero sia tutti i giorni nei miei pensieri – Ndb/Nota del blogger)

Ad ogni modo il proprietario della Topolino non se ne da per inteso. Poi mi ritrovo in mano una scatola (non mi ricordo se a darmela sia il proprietario della vettura o un'altra persona che lavora nella piccola fabbrica). 
Nella scatola so che ci sono ragni, ma la cosa non mi turba per nulla.  
Esco dalla fabbrica, ma da un varco diverso da quello da cui sono entrato. Davanti mi trovo un'aiuola circolare, piantumata di fresco, col terreno disposto a cono. Per abbreviare il percorso la scavalco e sento i piedi affondare nel terreno (stavolta asciutto e fresco, non motoso come al momento dell'ingresso). Qualcuno mi rimprovera, sento voci alle mie spalle. Fingo di non sentire nulla e vado avanti. Raggiungo una strada che passa sotto un ponte dove so che mi aspetta mio fratello in macchina (quelle consapevolezze tipiche dei sogni e del tutto slegate da ogni nesso logico).

Ma quando arrivo mio fratello non c'è.
Intanto la scatola mi sfugge da mano e ne esce una grossa tarantola. Grossa per davvero. Come un pugno. Nera, con zampe lunghe. Non mi fa particolare ribrezzo, la guardo affascinato arrampicarsi sulla sella di una moto in sosta. Poi la copro con la scatola, mentre l'aracnide rannicchia le zampe.

E il sogno finisce qui.

giovedì 16 luglio 2015

UN SOGNO DI COSE PIU' CHE DI FATTI - TRA AUTOBUS E UNA FORMULA UNO

Stanotte ho fatto un sogno (o forse due?) che si fa ricordare non tanto per quello che vi accade (credo), quanto per i curiosi oggetti che lo popolano.
Cominciamo. Sono a Napoli, in zona Coroglio, dove sorgeva l'Italsider. In quell'area - nel sogno - è stata realizzata una rimessa per autobus urbani, ma ancora nella livrea di trenta e più anni fa: bicolore verde chiaro/verde scuro.
L'ampio piazzale è diviso in corsie per instradare i singoli autobus, ciascuno dei quali, per entrare in servizio deve passare per una specie di casello.
Il "balconcino" dei vecchi bus di Parigi
E i caselli hanno la stessa forma del "balconcino" posteriore tipico degli autobus francesi fino a una trentina di anni fa. Portano persino le stesse scritte e sono corredati di un orologio digitale del tipo "a cartellini mobili", diffuso nelle stazioni e negli uffici pubblici di qualche decennio addietro.
Da ciascun casello parte una scala che va sottoterra e io chiedo a un addetto dove porti. La risposta è scontata, almeno nel sogno: "ai servizi e alle mense".
Intanto gli autobus si incolonnano passando dai caselli e si avviano all'uscita del parcheggio della rimessa.
All'improvviso irrompe una signora che nel sogno è mia madre, ma mi pare che non le somigli affatto. La signora mi dice che la nostra casa che affaccia sulla rimessa degli autobus è stata occupata e che quindi non potremo disporne.
Io alzo lo sguardo, vedo il fabbricato e la nostra casa, ma non sono preoccupato alla notizia dell'occupazione.
A un tratto, nella colonna di autobus che si accinge a entrare in
Furgoncino Fiat 615
servizio, si infila bruscamente un furgoncino modello Fiat 615 (un tipico camion leggero degli anni Cinquanta, diffusissimo negli anni della mia infanzia e che da piccolo mi piaceva molto), dipinto in verde bicolore come gli autobus: probabilmente un mezzo destinato al soccorso dei mezzi pubblici in panne, mi dico nel sogno.

So che a guidarlo c'è un Rom (quelle inspiegabili consapevolezze tipiche dei sogni) e ne apprezzo l'abilità nella guida decisa e nel sapersi destreggiare col cambio al volante (in effetti il Fiat 615 era dotato di cambio al volante).
Poi, cambio di scena: sono in una sorta di emporio, nella zona di Caserta, con un mio amico (situazione che effettivamente mi capitò, quasi 25 anni addietro). Tra le merci esposte, ci sono anche alcuni automodelli di grande dimensione.
Nella vita reale - come sanno bene i miei amici e le persone che mi vogliono bene - sono in effetti un accanito collezionista di automodelli, che raccolgo da oltre 50 anni.
Ma torniamo al sogno.
Ad attirare la mia attenzione - fra tutti i pezzi esposti - è soprattutto il modello di una Ferrari 156 di Formula Uno, l'auto che nel 1961 vinse il Mondiale con Phil Hill e che è nota fra gli appassionati come "Sharknose" (muso di squalo). 
Risalgo in auto col mio amico e mi accorgo che io quel modellino della Ferrari L'HO RUBATO!
Ferrari 156 Formula Uno "sharknose" (automodello della CMC)

Me ne vergogno un po' e cerco di non far vedere "il corpo del reato", al mio amico.
Lo estraggo, furtivo, dalla sua scatola che prima accartoccio sotto il sedile e poi getto dal finestrino.
Nel sogno sono convinto che il modello, una volta privo della sua scatola, non appaia più come il frutto di un furto e quindi posso ammirarlo per bene e commentarne la qualità con il mio amico.
In effetti nel sogno il modello è dettagliatissimo, molto ben fatto, con organi meccanici e sospensioni funzionanti e un quadro portastrumenti molto realistico.
Dalla scatola viene fuori anche un ricco kit di decalcomanie, per personalizzare il modello.
Il ricordo del sogno svanisce qui. Un sogno di cose, più che di fatti. Ma di "cose" abbastanza insolite e il cui ricordo mi è rimasto impresso, peccato non sappia disegnarle come le ho in memoria, ma devo accontentarmi di immagini, aggiunte a questo post.


sabato 9 novembre 2013

MARINAI AUDACI - OSSIA MEMENTO AUDERE SEMPER

 Sogno militare e audace, stanotte. 
Il Mas 96 utilizzato per la Beffa di Buccari
Sono un marinaio della marina militare italiana ed è il 1943. Appartengo a quella marina che ha deciso di combattere con gli Alleati e quindi di riconoscere l’armistizio dell’8 settembre (nei sogni si hanno spesso queste consapevolezze di base, no?). Bene, proseguiamo. In una mattina di sole, tra spruzzi di spuma, andiamo all’assalto su un Mas verso un’unità navale tedesca. 
Poco conta che il Mas sia un tipo di imbarcazione militare usata nella prima guerra mondiale e NON nella seconda. Un'altra incongruenza onirica.
Ma andiamo avanti col racconto.
Col nostro Mas, accostiamo all'unità navale nemica e cominciamo a mitragliare all’impazzata, lanciando bombe di profondità.
I tedeschi rispondono al fuoco, ma sembra che in nessuna delle due parti si lamentino feriti o caduti.
Dopo un primo passaggio, riaccostiamo all’unità nemica e riapriamo il fuoco. Anche qui nessun ferito, da ambo le parti. Non ricordo se a sparare sia io personalmente, di sicuro incito i miei a farlo. 
E nel sogno ho una curiosa e bellissima sensazione di invulnerabilità.
I protagonisti della Beffa di Buccari
Poi, sorpresa: i marinai dell’unità nemica si schierano sul fianco della nave, tutti vestiti di bianco, ci salutano militarmente e con accento teutonico esclamano: “Onore alla Marina Italiana”.
A questo punto io rispondo al saluto e rispondo, con voce rotta dall’emozione: “Onore alla marina austriaca (dico proprio austriaca, non tedesca) e morte al tiranno Adolf Hitler”.
Poi la mia unità navale vira e cerca scampo. Ed io, commosso, abbraccio un mio commilitone ed esclamo: “Anche questa è l’Italia!”.
Fin qui il sogno. E ora qualche considerazione. Chi conosca un po’ i fatti della storia non può non ravvisare qualche rassomiglianza del mio sogno con le vicende della Beffa di Buccari. Il fatto curioso è che il nonno di una cugina di mia moglie – don Raffaele Esposito, nativo di Agerola - era l’ultimo sopravvissuto di quei marinai che - insieme a Luigi Rizzo, Gabriele d’Annunzio e Costanzo Ciano – violarono le difese austriache affondando la corazzata Wien e danneggiando la Budapest. Don Raffaele morì alle fine degli anni Ottanta, ebbe solenni funerali, seguiti da numerosi inviati. Ogni volta che vado in visita dai familiari di mia moglie ad Agerola, mi faccio mostrare i cimeli di quella impresa: il libretto del Vate con la sua dedica autografa e il testo della Canzone del Carnaro, dedicata all’impresa; vecchi ritagli di giornale; fotografie. Ogni volta è un’emozione molto forte.

domenica 14 aprile 2013

Da pulcino a dinosauro
Tutto sotto i miei occhi

Questo è un sogno che ho fatto la notte di Pasqua. Un sogno in tema direi, visto che si parte dalle uova. Sono nella mia cucina e prendo un recipiente con due uova. Mi accorgo che il guscio è lesionato ed è venuto fuori anche parte del tuorlo, che si è sparso nella coppetta che conteneva le due uova. Il tuorlo è liquido, manda un odore sgradevole. Mi dico che quelle uova sono irrecuperabili e le getto nel lavello di cucina. Ma dalle uova esce qualcosa, qualcosa prima di granuloso, poi dalla forma più distinta.
E’ un pulcino, bruttarello e imbrattato. Non mi fa tenerezza, ma piuttosto disgusto.

Rapidamente, sotto i miei occhi, il pulcino cresce, cresce, cresce…

Rapidamente diventa un gallo furioso, dalla cresta rossa, e si issa minaccioso sul bordo del lavello.
Un gallo molto simile a quello che ho sognato

Io lo guardo e penso che è proprio vera l’ipotesi paleontologica secondo cui i volatili derivano dai rettili.

Intanto il gallo si è trasformato, sembra quasi un piccolo Tyrannosaurus Rex, mi ricorda Ciro, il cucciolo di dinosauro fossile, rinvenuto nel Sannio.
Ciro, il fossile di dinosauro trovato nel Sannio

E il sogno finisce lì, lasciandomi un misto di disagio e di curiosità divertita.