martedì 11 agosto 2015

Napoli Est. Storia di una Topolino e di una tarantola



Una Fiat Topolino 500 C come quella che ho sognato
Una Topolino malmessa, un avvocato, una mia collega morta da anni, ragni, fango, un'aiuola calpestata, la degradata zona di Napoli Est. Questi gli ingredienti principali del sogno fatto stamani, all'alba, poco prima del risveglio.

Dunque, sono nella zona di Napoli Est, mi sta parlando una collega giornalista (nel sogno non la identifico con chiarezza, ma forse è Lucia Rippo, una cronista napoletana scomparsa prematuramente più di dieci anni fa e con la quale ho avuto un bel rapporto di amicizia). La collega mi parla di un avvocato che conosco (un personaggio reale, insomma) e mi dice che, oltre ad avere un ben avviato studio professionale, è attivo con successo anche nel business della telefonia mobile e sta sostenendo la candidatura alla regione di un politico (mi dice il nome, ora non lo ricordo, ma sono certo che sia di fantasia). Cerco di concentrarmi sulle informazioni che mi sta dando la collega, ma la mia attenzione è distratta da una Topolino verde bottiglia che mi transita vicino. Per la precisione è una Fiat 500c (la terza e ultima serie di quella che tutti chiamano Topolino), verde bottiglia, con interni in fintapelle biscotto, piuttosto malmessa e restaurata alla meglio. A bordo un uomo di una certa età e tre bambini: lo identifico come un nonno che porta a spasso i suoi nipotini su una vettura d'epoca. La capote è abbassata e posso vedere bene l'abitacolo e i passeggeri. L'auto si muove a rilento nel traffico congestionato. Io sono a piedi e tento di affiancarla per avere dal proprietario informazioni su quella vettura, oggi così insolita nel nostro paesaggio urbano. Sono convinto che sia un modello del 1951 e voglio la conferma. Per quanto mi sforzi di avvicinarmi e di farmi sentire dal guidatore, non ci riesco. Continuo a camminare e mi accorgo che intanto la Topolino è stata parcheggiata davanti all'ingresso di una piccola fabbrica. I bambini sono scomparsi. Mi avvicino al piccolo portone di ingresso della fabbrica, cercando il proprietario, ma intanto calpesto una spessa lingua di fango appiccicoso. Alla fine entro, il proprietario mi viene incontro e mi fa: “è riuscito a liberarsi da quel fango, eh?”. Incomincio a chiedergli informazioni sulla vettura, ma le uniche cose che mi dice (come se non prestasse affatto attenzione alle mie domande) sono “il restauro è costato molto: sui 7-800 euro” (cifra risibile, nella realtà). 

Penso che egli creda che io voglia acquistare la vettura e che quindi giochi al rialzo. Gli preciso che non sono interessato all'acquisto.
Niente da fare. Continua a non ascoltarmi. 

A questo punto gli dico che il cruscotto della sua auto non è stato affatto ben realizzato, che presenta tre strumenti tondi e non due, come prevedeva l'allestimento della 500C. Il proprietario continua a non prestare ascolto e io, sempre per attrarre la sua attenzione, gli suggerisco il nome di un bravo artigiano che potrebbe sistemare meglio il suo cruscotto: faccio il nome di Franco Rodighiero, di Schio, personaggio reale, molto noto fra gli appassionati di vetture d'epoca, per i suoi accurati restauri degli strumenti.
(attenzione: non è che il buon Franco Rodighiero sia tutti i giorni nei miei pensieri – Ndb/Nota del blogger)

Ad ogni modo il proprietario della Topolino non se ne da per inteso. Poi mi ritrovo in mano una scatola (non mi ricordo se a darmela sia il proprietario della vettura o un'altra persona che lavora nella piccola fabbrica). 
Nella scatola so che ci sono ragni, ma la cosa non mi turba per nulla.  
Esco dalla fabbrica, ma da un varco diverso da quello da cui sono entrato. Davanti mi trovo un'aiuola circolare, piantumata di fresco, col terreno disposto a cono. Per abbreviare il percorso la scavalco e sento i piedi affondare nel terreno (stavolta asciutto e fresco, non motoso come al momento dell'ingresso). Qualcuno mi rimprovera, sento voci alle mie spalle. Fingo di non sentire nulla e vado avanti. Raggiungo una strada che passa sotto un ponte dove so che mi aspetta mio fratello in macchina (quelle consapevolezze tipiche dei sogni e del tutto slegate da ogni nesso logico).

Ma quando arrivo mio fratello non c'è.
Intanto la scatola mi sfugge da mano e ne esce una grossa tarantola. Grossa per davvero. Come un pugno. Nera, con zampe lunghe. Non mi fa particolare ribrezzo, la guardo affascinato arrampicarsi sulla sella di una moto in sosta. Poi la copro con la scatola, mentre l'aracnide rannicchia le zampe.

E il sogno finisce qui.

giovedì 16 luglio 2015

UN SOGNO DI COSE PIU' CHE DI FATTI - TRA AUTOBUS E UNA FORMULA UNO

Stanotte ho fatto un sogno (o forse due?) che si fa ricordare non tanto per quello che vi accade (credo), quanto per i curiosi oggetti che lo popolano.
Cominciamo. Sono a Napoli, in zona Coroglio, dove sorgeva l'Italsider. In quell'area - nel sogno - è stata realizzata una rimessa per autobus urbani, ma ancora nella livrea di trenta e più anni fa: bicolore verde chiaro/verde scuro.
L'ampio piazzale è diviso in corsie per instradare i singoli autobus, ciascuno dei quali, per entrare in servizio deve passare per una specie di casello.
Il "balconcino" dei vecchi bus di Parigi
E i caselli hanno la stessa forma del "balconcino" posteriore tipico degli autobus francesi fino a una trentina di anni fa. Portano persino le stesse scritte e sono corredati di un orologio digitale del tipo "a cartellini mobili", diffuso nelle stazioni e negli uffici pubblici di qualche decennio addietro.
Da ciascun casello parte una scala che va sottoterra e io chiedo a un addetto dove porti. La risposta è scontata, almeno nel sogno: "ai servizi e alle mense".
Intanto gli autobus si incolonnano passando dai caselli e si avviano all'uscita del parcheggio della rimessa.
All'improvviso irrompe una signora che nel sogno è mia madre, ma mi pare che non le somigli affatto. La signora mi dice che la nostra casa che affaccia sulla rimessa degli autobus è stata occupata e che quindi non potremo disporne.
Io alzo lo sguardo, vedo il fabbricato e la nostra casa, ma non sono preoccupato alla notizia dell'occupazione.
A un tratto, nella colonna di autobus che si accinge a entrare in
Furgoncino Fiat 615
servizio, si infila bruscamente un furgoncino modello Fiat 615 (un tipico camion leggero degli anni Cinquanta, diffusissimo negli anni della mia infanzia e che da piccolo mi piaceva molto), dipinto in verde bicolore come gli autobus: probabilmente un mezzo destinato al soccorso dei mezzi pubblici in panne, mi dico nel sogno.

So che a guidarlo c'è un Rom (quelle inspiegabili consapevolezze tipiche dei sogni) e ne apprezzo l'abilità nella guida decisa e nel sapersi destreggiare col cambio al volante (in effetti il Fiat 615 era dotato di cambio al volante).
Poi, cambio di scena: sono in una sorta di emporio, nella zona di Caserta, con un mio amico (situazione che effettivamente mi capitò, quasi 25 anni addietro). Tra le merci esposte, ci sono anche alcuni automodelli di grande dimensione.
Nella vita reale - come sanno bene i miei amici e le persone che mi vogliono bene - sono in effetti un accanito collezionista di automodelli, che raccolgo da oltre 50 anni.
Ma torniamo al sogno.
Ad attirare la mia attenzione - fra tutti i pezzi esposti - è soprattutto il modello di una Ferrari 156 di Formula Uno, l'auto che nel 1961 vinse il Mondiale con Phil Hill e che è nota fra gli appassionati come "Sharknose" (muso di squalo). 
Risalgo in auto col mio amico e mi accorgo che io quel modellino della Ferrari L'HO RUBATO!
Ferrari 156 Formula Uno "sharknose" (automodello della CMC)

Me ne vergogno un po' e cerco di non far vedere "il corpo del reato", al mio amico.
Lo estraggo, furtivo, dalla sua scatola che prima accartoccio sotto il sedile e poi getto dal finestrino.
Nel sogno sono convinto che il modello, una volta privo della sua scatola, non appaia più come il frutto di un furto e quindi posso ammirarlo per bene e commentarne la qualità con il mio amico.
In effetti nel sogno il modello è dettagliatissimo, molto ben fatto, con organi meccanici e sospensioni funzionanti e un quadro portastrumenti molto realistico.
Dalla scatola viene fuori anche un ricco kit di decalcomanie, per personalizzare il modello.
Il ricordo del sogno svanisce qui. Un sogno di cose, più che di fatti. Ma di "cose" abbastanza insolite e il cui ricordo mi è rimasto impresso, peccato non sappia disegnarle come le ho in memoria, ma devo accontentarmi di immagini, aggiunte a questo post.