domenica 26 giugno 2011

Ho incontrato mia madre e rivisto la mia vecchia casa


Portici anni '60: la palazzina bianca sulla destra, accanto alla villetta gialla e rossa, è la mia vecchia casa
Questa notte, anzi questa mattina presto, ho sognato mia madre. Non accadeva da tempo. Come non mi accadeva da tempo di fare un sogno così articolato e così “onirico”. Andiamo per ordine.
Mi trovo nel corridoio di una Asl e sto facendo la posta a una funzionaria per avere da lei informazioni per un servizio giornalistico che devo realizzare.
La funzionaria passa (anzi, a  ben pensarci, deve essere una dirigente, visto il codazzo di persone che la segue), io la avvicino, le chiedo qualcosa, lei mi liquida e mi dice di attendere, forse dopo mi riceverà.
Resto nel corridoio, ad attendere.
Nel corridoio c’è una scrivania a cui siede un’impiegata. Una signora di mezza età, sovrappeso, con occhiali e l’aria scostante. Per intenderci l’aria che spesso si ritrova in certi impiegati pubblici.
Sulla parete accanto alla scrivania c’è una bacheca con fondo in sughero, di quelle a cui si possono attaccare fogli e appunti con le punesse.
Mi avvicino per curiosare e – sorpresa! – trovo un paio di foto scattate nella mia vecchia casa di Portici. Nel sogno so perfettamente (come è accaduto nel dicembre del 2009) di essermi trasferito a Napoli e mi meraviglia trovare in una Asl immagini del mio privato. Le foto sono state scattate sul balcone e nella cucina della mia vecchia casa. Le foto sul balcone ritraggono tre ragazzi che non conosco (nel sogno immagino siano amici di mio fratello) e la balaustra del balcone, particolare curioso, è dipinta in giallo invece che in grigio scuro, come è realmente (chi dice che non si sogna a colori? Per inciso, il giallo è il mio colore preferito).
La cucina della mia vecchia casa, invece, era realmente tutta giocata sul bianco con tocchi di giallo: le maniglie dei mobili, l decori delle piastrelle, alcune suppellettili, persino la cinghia della tapparella era di gomma gialla.
E quei tocchi di giallo, nelle foto che vedo nel mio sogno, spiccano vividi e brillanti.
A questo punto chiedo alla signora scostante come sia venuta in possesso di quelle foto. La signora capisce che sono rimasto colpito e il suo atteggiamento, da scostante che era, si fa partecipe.
Ma a questo punto, cambio di scena: nel corridoio dell’ufficio si materializza mia madre, scomparsa nel 2005. Nel sogno io so che mia madre è scomparsa, ma la sua presenza non mi turba affatto, mi sembra normale. Mia madre nel sogno è sulla cinquantina, ben curata (come sempre), truccata e fresca di parrucchiere. Indossa un golfino a girocollo di cotone blu scuro, un tipo di capo che indossava spesso nella realtà. L’abbraccio e, di colpo, sulla scena del sogno irrompe un mio collega (ma non lavoriamo più insieme dal 1990) ed amico che ha perso la mamma di recente.
Nei giorni scorsi il collega (ed amico) ha ricordato la mamma in un post pubblicato su Fb, un post che mi ha colpito molto e che ho commentato solo con la parola “capisco”.
Ma torniamo al sogno.
Presento a mia madre il collega e le racconto del suo dolore per la recente perdita. Mia madre si fa partecipe del dolore del mio amico e gli dice qualcosa, che purtroppo non ricordo.
Poi, con l’affascinante incoerenza dei sogni, le foto in bacheca si animano, quasi come una schermata di YouTube sul monitor. Inizia un tour nella mia vecchia casa. Ma non è più la mia vecchia casa, lo capisco da un particolare: le porte sono diventate di legno scuro, mentre nella casa di Portici erano laccate di bianco, come usava negli anni Cinquanta. Il giro virtuale continua e anche la cucina cambia: è di legno scuro, con le luci sotto i pensili………..

A questo punto il sogno svanisce, non ho altri dettagli. Pochi secondi dopo sono sveglio e contento di ricordare quasi tutto quanto ho sognato.
E il mio blog si arricchisce di un altro post.

mercoledì 27 aprile 2011

Allucinazioni ipnagogiche in francese

Allucinazioni ipnagogiche: ne ho già parlato qui

http://onirikaofcapozzi.blogspot.com/2010/12/le-gonadi-un-simpatico-gruppo-di-rock.html

Spesso quei fantasmi che crea la mente quando è sulla soglia del sonno sono più divertenti dei sogni veri e propri. 

E la mia mente ne genera abbastanza frequentemente.
A me capitano anche allucinazioni ipnagogiche verbali. 

Per di più in francese.
Immagino nomi, per esempio, come “Jean Pierre Tiqueton”, oppure come “il teologo Jacques Gavort” (ho cercato su Wikipedia per verificare se esistesse realmente: negativo. Peccato).
E l'altra notte mi è venuto addirittura in mente un calembour ipnagogico: “Dragueur de chatte en chat”. 

Un calembour anche piuttosto piccante. Ma la traduzione la ometto, perché sono dispettoso. Vive la France! ...

domenica 23 gennaio 2011

Il Cardinale col mantello blu su una Victoria


Una carrozza di tipo Victoria
Dopo un po’ di tempo ho ripreso a fare sogni curiosi. Ben due, l’altra notte.
Il primo riguarda un teatro di Roma, inesistente, che si chiama “La Fraschetta”.
Ma questo sogno sarà oggetto di un prossimo post.
Ora mi occupo, invece, di un sogno che riguarda il Cardinale Arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe.
Ho sognato che il Cardinale sfila per via Depretis, a Napoli, su una snella carrozza di tipo Victoria, col mantice abbassato.
Per la verità propriamente non sflila, in quanto i cavalli si muovono al galoppo, piuttosto che al trotto. Insomma, l'effetto risulta più da "Ombre Rosse" che da corteo solenne.
Osservo la scena d’infilata, da via De Gasperi, mentre la Victoria percorre il tratto finale di via Depretis. (chi è pratico di Napoli ha un’idea perfetta del mio angolo visuale.
Particolare insolito: il Cardinale indossa un mantello di uno sgargiante colore blu elettrico (chi ha detto che non si sogna a colori?) e anche le ruote della Victoria sono dello stesso colore.
La carrozza giunge di gran carriera all’incrocio con Piazza Municipio e svolta a destra, in direzione di Palazzo San Giacomo, e a me resta la visione di questo gran mantello blu elettrico, svolazzante.
E ascolto un commento di un tizio, nella folla: “cu stu mantiello ‘o Cardinale pare supermèn…”.
Il sogno finisce qui.